La tutela dei nostri mari è una delle problematiche che più ci sta a cuore. Slow food interviene sul tema ponendosi tale quesito: “Davvero per tutelare il più importante serbatoio di biodiversità della terra, l’uomo deve interrompere l’attività di pesca, gli esseri umani smettere di consumare pesce, fonte primaria di proteine intorno alla quale si sono sviluppate nel corso dei millenni tecniche di pesca artigianali, economie costiere, culture e tradizioni gastronomiche?”
La domanda è pertinente perché la pesca è un’attività ormai irrinunciabile per l’uomo. Bisogna partire allora da una fondamentale distinzione; in primis pesca industriale, che risponde alle logiche dell’attuale sistema di produzione, distribuzione e consumo. Poi la pesca artigianale, che nasce e si sviluppa intorno alle comunità locali con un approccio basato sulla conoscenza e il rispetto del mare.
Paula Barbeito responsabile del mondo fish di slow food, si schiera a favore della pesca locale italiana raccontando che: “Esistono diversi esempi in cui i pescatori, il settore pubblico, la società civile e la comunità scientifica si sono uniti per gestire collettivamente le risorse, ma sono modelli che hanno bisogno di essere riconosciuti legalmente”
C’è una doverosa parentesi da aprire. Noi di agricoltura2punto0, non possiamo che non essere a favore di pratiche che tutelino il rispetto dell’ambiente e delle risorse. Anche noi lavoriamo con la fauna ittica e cerchiamo di salvaguardarla attraverso coltivazioni fuori suolo. Abbiamo infatti selezionato particolari specie adatte all’acquaponica, ottime per favorire il nostro ciclo dell’azoto e arrivare ad un risultato qualitativo e quantitativo assolutamente importante. Per approfondire leggi l’articolo acquaponica
Si tratta di due importanti iniziative che i Comuni di Nardò e Ugento, in Puglia, hanno stabilito e proposto, insieme con i pescatori locali, per una regolamentazione delle attività di pesca maggiormente restrittive rispetto alle attuali. Le prime decisioni sono rivolte alla zonizzazione della fascia costiera di pertinenza, stabilendo calendari di pesca e disciplinando gli attrezzi professionali e non, utilizzabili nelle diverse aree.
L’art. 8 del regolamento, definisce oasi blu uno strumento di gestione della pesca che consiste nella temporanea acquisizione da parte di un ente locale di un’area di interesse comunitario a mare e la regolamentazione delle attività – professionali, sportive e ricreative.
Soddisfazione è espressa in primis dall’assessore alle Risorse Agroalimentari pugliesi, Donato Pentassuglia. Questi riconosce al nuovo strumento sia un’importante valenza per il rilancio effettivo del settore della pesca, sia la valorizzazione della figura del pescatore e della cultura del mare, più in generale.
L’istituzione della prima Oasi Blu appena raccontata, è un orgoglio perché pianifica le attività. Inoltre adotta sistemi atti a favorire la conservazione e la razionalizzazione delle risorse biologiche. Per chi non conoscesse la zona, questo specchio di mare è già noto ai ricercatori per via delle importanti aree di riproduzione anche a diverse miglia dalla costa e per le praterie di posidonia.
L’ Oasi Blu nasce 10 anni fa, quando i pescatori hanno cominciato a mobilitarsi per difendere la loro area di pesca dalle marinerie più grandi. L’industria ittica ha causato due problemi: lavora tramite strascico, ma soprattutto fa razzia di ricci e datteri di mare. L’amore dei pescatori locali è tale che parlano così: “Noi a Ugento siamo giardinieri del mare, sappiamo cosa pescare, dove e quando, e questo approccio è ancora più importante oggi. Con i cambiamenti climatici in atto, pensare di tutelare il mare escludendo i pescatori come noi è come voler tutelare la natura escludendo i contadini”.
Quella di Ugento è un’esperienza unica ma facilmente replicabile così come spiegato dai pescatori del luogo: ”A Ugento siamo partiti da un’iniziativa di autoregolamentazione volontaria dei pescatori che oggi è diventata una legge regionale: un percorso esemplare reso possibile dalla collaborazione con istituzioni locali, ricercatori universitari e il locale gruppo di Slow Food … In pratica a Ugento abbiamo invertito il paradigma: si tutelano i pescatori per tutelare il mare»
Partendo da tale premessa, leggiamo le parole di un altro pescatore, questa volta proveniente dalla Sicilia. Ignazio Bevilacqua pratica pesca selettiva attenta all’ambiente: “ma solo di pesca, oggi, non riusciamo più a vivere… La pesca è cambiata negli ultimi anni. Quando ero piccolo e uscivo in barca con mio papà, facevamo numeri decisamente diversi rispetto a ora… Soprattutto per i “piccoli” che praticano la pesca selettiva e artigianale e che si stanno trovando, anno dopo anno, a dover fare i conti con un mare sempre più povero. “
Quindi quell’idea di co – gestione prima presentata è fondamentale, anche perché in Italia c’è chi ancora crede fermamente nella pesca e chi ama questo lavoro.
Marettimo, isola delle Egadi non conosce pescherecci: qui la pesca è piccola e sostenibile, praticata con imbarcazioni di lunghezza inferiore ai 12 metri e operanti entro dodici miglia dalla costa. Soprattutto si pesca con metodi e attrezzi selettivi, a basso impatto ambientale, che rispettino i limiti naturali del mare e degli ecosistemi.
Una pesca sostenibile che deve fare i conti con una concorrenza spietata che utilizzano invece sistemi come le reti a strascico e distruggono fondali e stock ittici. Inoltre i cambiamenti climatici hanno spinto particolari specie lontano dalle coste. Quindi la battaglia sta diventando sempre più dura, ma questi pescatori non si arrendono. Il nuovo modo per autofinanziare le proprie attività è la pescaturismo. Con l’arrivo dei turisti, quasi tutti i pescatori ritirano le barche e per qualche mese si dedicano all’organizzazione di visite guidate dell’isola con la barca. Ritemprati nello spirito, ripartono ancora più carichi per una nuova stagione di pesca sostenibile sempre in ottica di tutela dei nostri mari.
http://www.infosostenibile.it/notizia/noi-piccoli-pescatori-artigianali-stiamo-morendo