Una confezione da mettere nel “forno a microonde” è programmata per una durata di forse sei mesi, un tempo di cottura di due minuti e una permanenza di secoli nella discarica. – David Wann (Esperto di economia sostenibile). Quale introduzione migliore per parlare della giornata di azione europea “raccolta della plastica”.
Il 5 luglio è stata istituita, dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la giornata di azione europea per la raccolta dei coperchi di plastica. La ricorrenza nasce per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema plastica e inquinamento. Dato preoccupante è che le indagini dimostrano come siamo coscienti dell’impatto negativo della plastica; tuttavia le abitudini sono dure a morire, e nonostante la consapevolezza, continuiamo ad abusare della plastica.
Numerose campagne e pubblicità sono state girare per mostrare in maniera più forte e cruda possibile l’impatto, ad esempio, sulla vita marina di tale inquinamento, ma niente ha smosso le coscienze. La Commissione Europea, in una situazione di totale emergenza, nel 2015 decise di adottare così un piano d’azione. L’obiettivo è sempre lo stesso e ha una data precisa 2030: Sviluppo Sostenibile dell’Accordo di Parigi.
Quello della plastica, e del relativo inquinamento, è un problema che interessa tutti i Paesi del mondo. Ogni anno 8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici viene riversata nei mari e negli oceani. Essi rappresentano addirittura l’80% dei materiali ritrovati sulle spiagge. Basti pensare che, si stima, come in tutto il mondo ogni minuto sono acquistate circa un milione di bottiglie.
Lo stesso segretario generale dell’ONU ricorda che “le microplastiche nei mari superano già le stelle della nostra galassia”. Solo il 15% di questi prodotti viene riciclato; per tale motivo chiede l’abolizione dei prodotti monouso. Il 43% dei rifiuti marini è composto da 10 tipi diversi di articoli monouso. Ovvero: contenitori alimentari, cotton fioc, postate, piatti, cannucce, palloncini, imballaggi e involucri. E ancora: bottiglie per bevande, buste della spesa, tazze e coperchi per bevande da asporto.
Le plastiche ottenute da carburanti fossili ha ormai un secolo di vita. La produzione e lo sviluppo di migliaia di nuovi prodotti in plastica ha avuto un’accelerazione decisiva dopo la Seconda guerra mondiale. La plastica ha veramente rivoluzionato il mondo al punto tale che senza oggi sarebbe irriconoscibile. Ha permesso passi da gigante alla medicina con dispositivi salvavita, ha reso più leggere le automobili e i jet, consentendo di risparmiare carburante e inquinare di meno; salvato vite con caschi, incubatrici e attrezzature per rendere potabile l’acqua.
Le comodità offerte dalla plastica, però, hanno portato a una cultura dell’usa e getta che rivela il lato oscuro di questo materiale: oggi le plastiche monouso costituiscono il 40% di tutte quelle prodotte ogni anno.
Alcuni dati:
– Metà di tutta la plastica prodotta è stata realizzata solo negli ultimi 15 anni;
– Ogni anno circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica finiscono dalle nazioni costiere negli oceani. Equivale a buttare cinque buste di immondizia ogni 30 centimetri di costa in tutto il mondo.
– Spesso le plastiche contengono additivi che le rendono più resistenti. Si stima che alcuni possano durare almeno 400 anni prima di degradarsi;
La responsabilità dell’inquinamento da plastica è collettivo. I governi dovrebbero guidare e gestire la situazione, ma le comunità locali non sono esenti da colpe. Ovviamente sono soprattutto le aziende che inquinano maggiormente. Ogni anno dalle industrie vengono scaricati, solo nel Mediterraneo, quasi 40 milioni di oggetti di plastica, insieme ad altre sostanze inquinanti dell’acqua. Ovviamente il compito dell’industria è lavorare, il problema è il modo di farlo. Le imprese non investono nella gestione dei rifiuti che producono e utilizzano esclusivamente plastica vergine, perché il processo produttivo costa meno.
Varie ricerche hanno scoperto che sono i sacchetti in polietilene (le buste della spesa), a provocare maggiori danni. A seguire le bottiglie di plastica. Ci sono tuttavia differenti tipi di plastica, infatti ognuna si decompone in modalità differenti impiegando tempi diversi. Un sacchetto della spesa ha un utilizzo medio di circa 12 minuti e impiega 500 anni per disintegrarsi completamente.
L’inquinamento da plastica ha delle ripercussioni anche sulla nostra alimentazione; infatti attraverso cibi solidi e liquidi, assumiamo ogni anno 250 grammi di plastica. Le particelle plastiche arrivano all’interno del nostro corpo mediante l’acqua del rubinetto e quella nelle bottiglie di plastica; il sale e la birra risultano essere gli alimenti più contaminati dalle microplastiche. In ultimo le microplastiche, prodotte dal deterioramento dei manufatti, entrano anche nella catena alimentari. Si trovano tracce delle microplastiche, in quasi tutti i pesci, nelle cozze e nei granchi.
Una volta che si trovano in mare, i rifiuti di plastica vengono degradati da luce del sole, vento e onde, in questo modo si creano delle piccole particelle spesso inferiori al mezzo centimetro di larghezza. Queste cosiddette microplastiche, diffuse attraverso tutta la colonna d’acqua, sono state trovate in ogni angolo del pianeta, dal Monte Everest, la cima più alta, alla Fossa delle Marianne, la depressione più profonda. Le microplastiche si degradano poi in pezzi sempre più piccoli, arrivando ad essere state trovate pure nei sistemi idrici cittadini che forniscono acqua potabile e fluttuano anche nell’aria.
Ogni anno milioni di animali vengono uccisi dalle plastiche: uccelli, pesci e altri organismi marini. Circa 700 specie, comprese quelle a rischio di estinzione, sono state in qualche modo colpite dalla plastica. Il dato più allarmante è che tutte le specie di uccelli marini mangiano questo materiale. Foche, balene, tartarughe e altri animali finiscono spesso strangolati da attrezzature da pesca e anelli di plastica da sei lattine abbandonati. Microplastiche sono state rinvenute in oltre cento specie acquatiche compresi i pesci, i gamberi e le cozze che dovrebbero finire nei nostri piatti.
Come se non bastasse, la plastica viene mangiata anche dagli animali che popolano la terraferma come elefanti, iene, zebre, tigri, cammelli, bovini e altre grandi specie. In alcuni casi il risultato finale è la morte. Alcuni test hanno confermato danni al fegato, danni cellulari e disturbi del sistema riproduttivo che hanno indotto alcune specie, come le ostriche, a produrre meno uova.
L’idea è riutilizzare e riciclare, fino al 2030, tutti i contenitori utilizzati. L’UE ha inoltre messo al bando i 10 prodotti monouso già prima citati. Tra le misure adottate troviamo anche un obiettivo di raccolta separata delle bottigliette. Si stima di raggiungere il 77% entro il 2025, e il 90% entro il 2029. L’obiettivo prevede l’introduzione di prescrizioni di progettazione per garantire che i tappi restino fissati alle bottiglie.
Anche che il 25% della plastica riciclata sia integrata nelle bottiglie PET a partire dal 2025. La direttiva sul monouso è fondamentale per il piano d’azione per l’economia circolare. E rientra in quella che è stata definita come la strategia più completa al mondo sui rifiuti plastici. Non dimentichiamo che la plastica è sostituibile con prodotti che svolgono le stesse funzioni, ma fabbricati con materiali alternativi come il vetro o il ferro. Infine incrementare le tasse sulle materie plastiche che inquinano maggiormente
Come chiarito, l’industria lavorando inevitabilmente inquina. Ovviamente c’è modo e modo di lavorare. L’obiettivo è indirizzarsi in un’ottica di lavora in maniera sostenibile. Questo è quello che noi facciamo attraverso le nostre tecnologia e i nostri progetti in acquaponica. Acquaponica