Legilazione commercio dei pesci ornamentali

La legilazione relativa al commercio dei pesci ornamentali, si può concepire su diversi livelli, riguardanti i differenti aspetti di questo business:  normative che affrontano il problema dal punto di vista fiscale, normative relative al benessere animale (welfare), normative relative alla biosicurezza, quindi normative sanitarie, infine, normative internazionali riguardanti la protezione di specie la cui sopravvivenza è in pericolo. 

Si riportano, di seguito, alcune delle normative principali in materia, che siano di supporto agli operatori del settore e di incentivo alla legalità nella produzione e commercializzazione delle specie ittiche ornamentali.

OIE – Office International des Epizooties

È un’organizzazione internazionale creata nel 1924 con sede a Parigi e con 167 Paesi firmatari. Fra gli obiettivi dell’OIE c’è la salvaguardia del commercio mondiale mediante pubblicazione di standard sanitari di animali e di prodotti di origine animale. L’OIE ha creato una lista di malattie per le quali sono necessarie misure sanitarie da intraprendere a livello globale; altri obiettivi sono quelli di fornire esperienze pratiche nel controllo di epizozie e di cercare di garantire la sanità dei prodotti di origine animale e promuovere il benessere animale attraverso approcci scientifici. Le linee guida includono la possibilità di un paese di dichiararsi “indenne” per certe malattie di rilevante impatto biologico e sanitario.Per quanto riguarda gli animali acquatici i principali lavori normativi dell’OIE sono:

1) Aquatic Animal Health Code (aquatic code) -Norme per assicurare la sicurezza sanitaria del commercio di animali acquatici (pesci, molluschi e crostacei) senza limitare lo scambio tra i vari Paesi ed evitando o limitando barriere sanitarie;
2) Manual of Diagnostic Test for Aquatic Animals (aquatic manual) -Allo scopo di fornire le conoscenze scientifiche e di laboratorio utili per effettuare la diagnosi delle malattie elencata nell’Aquatic Code.

Normativa sanitaria (Fish Health Regolation)

L’integrazione europea ha permesso di organizzare un sistema di monitoraggio e controllo, prima che normativo in senso stretto, sia per facilitare lo scambio di merci (animali vivi) ed informazioni, sia per una corretta gestione del rischio biologico, al fine di garantire la sicurezza alimentare, proteggere la vita e la salute degli animali e dei vegetali, proteggere l’ambiente e contribuire al suo sviluppo sostenibile. Tali programmi, per essere efficaci, devono basarsi su di un approccio integrato tra produzione ed enti governativi (locali, nazionali ed internazionali). Per questo la Direzione Generale per la Salute e la Tutela dei Consumatori (DG SANCO) ha creato una moderna architettura di rete, denominata Traces (Dec. 623/2003). Questa rete collega in via telematica tutte le autorità competenti per la polizia sanitaria e salute veterinaria. Contribuisce a gestire problemi di tipo sanitario rintracciando tutti i movimenti di animali da e verso un dato luogo e permette un controllo a destinazione in conformità alle varie normative vigenti. Gli Stati Membri utilizzano il sistema Tracesa partire dal 1 aprile 2004 in sostituzione dei vecchi sistemi SHIFT e ANIMO (Decisione 2004/294/CE del 30 marzo 2004 relativa all’applicazione del sistema Traces recante modifica della Decisione 92/486/CEE).
Gli organi decentrati del Ministero della Salute preposti a questi controlli sanitari sono i PIF e le UVAC.
I PIF (Posti di Ispezione Frontaliera) sono uffici veterinari periferici riconosciuti e abilitati, secondo procedure comunitarie, ad effettuare i controlli veterinari su animali vivi e prodotti di origine animale provenienti da Paesi Terzi e destinati al mercato interno all’Unione o in transito verso Paesi Terzi con le modalità di cui alle Direttive 97/78/CEE e 91/496/CEE, recepite rispettivamente con Decreto Legislativo 25 febbraio 2000 n. 80 e Decreto Legislativo 3 marzo 1993 n. 93. L’attività dei PIF viene svolta presso i principali confini aeroportuali e portuali ed ognuno di essi è abilitato al controllo di una certa gamma merceologica. Oltre ai controlli sanitari su animali provenienti dai Paesi Terzi alcuni PIF effettuano controlli ai sensi della normativa europea sul benessere degli animali vivi .
UVAC (Uffici Veterinari per gli Adempimenti degli Obblighi Comunitari) sono uffici periferici del Ministero della Salute, istituiti con Decreto Legislativo 30 dicembre 1993 n. 27. Sono stati creati in attuazione della Direttiva 89/608/CEE per assicurare la corretta applicazione della legislazione veterinaria e zootecnica, a seguito dell’abolizione dei controlli alle frontiere fra i Paesi Membri della Comunità Europea. Essi mantengono a livello statale la responsabilità dei controlli a destino sulle merci di provenienza comunitaria. Le funzioni ed i compiti degli UVAC sono stati fissati con Decreto del Ministero della Salute 18 febbraio 1993. Ciascuno degli UVAC ha competenza territoriale che copre generalmente il territorio di una regione. I compiti prioritari relativi allo scambio di animali sono costituiti da controlli in coordinamento con i servizi veterinari delle regioni e delle Aziende Sanitarie Locali, dei provvedimenti restrittivi emanati dal Ministero della Salute. Altro fatto molto importante nella gestione delle partite di animali vivi o di merci di O.A. consiste nell’aver imposto ai destinatari l’obbligo di segnalare con almeno un giorno di anticipo l’arrivo degli stock sia all’UVAC sia al Servizio Veterinario della ASL di competenza. Per rendere più efficace tale meccanismo di prenotifica si è previsto anche che gli operatori debbano essere registrati presso le UVAC e in taluni casi abbiano stretto apposita convenzione con gli stessi uffici. Ulteriore obbligo è quello di completa integrazione con il sistema Traces, consistente nella trasmissione (il giorno stesso dell’emissione del certificato sanitario) da parte dell’Unità Veterinaria Locale del Paese Membro speditore all’autorità sanitaria del Paese ricevente (servizio Veterinaria ASL e Ministero della Salute per quanto concerne l’Italia) di un documento con cui vengono segnalati i dati più rilevanti della partita spedita. Le UVAC possono commisurare sanzioni amministrative per mancata registrazione/conversione e per mancata prenotifica.Dal punto di vista normativo il Regolamento (CE) n. 136/2004 della Commissione fissa le modalità dei controlli veterinari presso i PIF della Comunità sui prodotti importati da Paesi Terzi. Fondamentale è la notifica dell’arrivo tramite il “Documento Veterinario Comune di Entrata” (Art. 2). Questo documento, emesso in diverse copie ed a cura da chi importa, dovrà accompagnare la partita per tutti i vari passaggi. Il responsabile del carico dovrà compilare la parte 1, mentre la parte 2 del DVCE viene compilata sotto la responsabilità del veterinario ufficiale (Art. 3), responsabile del posto di ispezione frontaliera. Questo secondo passaggio avviene dopo l’esecuzione dei controlli veterinari. Una volta effettuato lo sdoganamento l’originale del DVCE accompagna la partita fino all’impianto di stabulazione.
Norma “dedicata” è la Decisione della Commissione del 20 settembre 2006 (2006/656/CE) che fissa le condizioni di polizia veterinaria e di certificazione veterinaria per le importazioni di pesci per scopi ornamentali. Questa normativa prevede un elenco di Paesi Terzi in provenienza dai quali gli Stati Membri sono autorizzati ad importare pesci vivi e generi destinati all’allevamento nella comunità, nonché le condizioni di polizia sanitaria e certificazione veterinaria per partite del genere. Il campo di applicazione della presente normativa comprende pesci per fini ornamentali sia di cattura che di allevamento, importati e poi posti in vendita in negozi, centro di giardinaggio, acquari pubblici e comunque senza venire a contatto con le acque comunitarie (Art. 1). Nell’Art. 2 vengono “definiti” i pesci ornamentali come pesci, tanto, allevati che immessi sul mercato a fini esclusivamente ornamentali. Vengono citate specie di pesci ornamentali di acqua fredda sensibili, tra l’altro, a patologie quali la Viremia Primaverile della Carpa (SVC) e l’Herpes Virus della Carpa Koi (KHV) (sempre in osservanza della Direttiva 91/67/CEE). Vengono fissate le condizioni di importazioni di pesci ornamentali di acqua fredda (Art. 3) e di pesci ornamentali tropicali (Art. 4).
Le procedure di controllo di pesci importati da Paesi Terzi sono soggetti a controlli veterinari al posto di ispezione frontaliera (PIF) dello Stato Membro di arrivo conformemente all’Art. 8 della Dir. 91/496/CEE del consiglio; il DVCE deve essere in ottemperanza al Reg. (CE) 282/2004 della commissione. Fondamentale la prevenzione della contaminazione delle acque naturali (Art. 6), in quanto i pesci importati a scopo ornamentale non devono essere rilasciati in aziende di allevamento ittico onde scongiurare la possibilità di raggiungere acqua della comunità. La presente decisione viene modificata dalla decisione della Commissione del 24 agosto 2007 (2007/592/CEE), al riguardo parte II allegato I, dove viene precisato che essendo le Maldive in attesa di adesione OIE, in difetto al 31 dicembre 2007, verranno sospese le importazioni di pesci tropicali ornamentali da quella data.

Dir. 2006/88/CE del Consiglio del 24 ottobre 2006

È una normativa definitiva relativa alle condizioni di polizia sanitaria applicabili alle specie animali d’acquacoltura e ai relativi prodotti, nonché alla prevenzione di talune malattie degli organismi acquatici. Dal punto di vista della commercializzazione di specie ornamentali si tiene conto che tali animali sono solitamente tenuti in acquari o bacini privati, vivai o acquari di esposizione, non a contatto con le acque comunitarie. Di conseguenza, gli animali acquatici ornamentali tenuti in simili condizioni non espongono allo stesso rischio altri settori dell’acquacoltura comunitaria o stock selvatici. Si richiede quindi di stabilire disposizioni particolari applicabili all’immissione sul mercato, al transito e all’importazione degli animali acquatici ornamentali tenuti in tali condizioni. Tuttavia, laddove tali animali acquatici ornamentali non siano tenuti in sistemi o acquari chiusi, ma entrino in contatto diretto con le acque comunitarie, essi possono rappresentare un rischio importante per l’acquacoltura comunitaria e per le popolazioni di specie selvatiche. È il caso in particolare delle popolazioni di carpe (Cyprinidae), in quanto la carpa della varietà Koi, ornamentale, ampiamente diffusa, è sensibile a talune malattie che colpiscono altre specie di carpa allevate nella comunità o presenti allo stato selvatico. In questo caso dovrebbero applicarsi le disposizioni della presente direttiva.

Sono definiti sempre ai sensi della presente direttiva “animali acquatici ornamentali” animali tenuti, allevati o commercializzati a puri scopi ornamentali. La tematica degli “ornamentali” è approfondita nella sezione 5 articolo 21. Gli Stati Membri provvedono affinché l’immissione sul mercato di animali acquatici ornamentali non metta a repentaglio lo stato sanitario degli animali acquatici per quanto riguarda le malattie di cui allegato IV, parte II. Tra queste in particolare spiccano la Sindrome Ulcerativa Epizootica (tra le malattie esotiche), la Viremia Primaverile della Carpa (SVC) e l’Herpes Virus della Carpa Koi (KHV) tra le malattie non esotiche. In attuazione della Direttiva di cui sopra è stato emanato il Decreto Legislativo n. 148 del 4 Agosto 2008, per andare incontro alle molteplici richieste di chiarimenti da parte dei vari operatori del settore. Di particolare interesse, relativamente al commercio di specie ornamentali, risulta essere l’articolo 2. Infatti, sembra non rientrino nel campo di applicazione del presente decreto gli animali acquatici ornamentali allevati in acquari di tipo non commerciale, i pesci ornamentali tenuti in vivai, laghetti e vasche da giardino o in vasche per scopi commerciali. Quanto sopra fatto salvo che non vi sia contatto diretto con il sistema idrico territoriale, o che in alternativa simili impianti di allevamento e stabulazione siano dotati di sistemi di trattamento delle acque reflue idonee a ridurre ad un livello accettabile il rischio di trasmissione delle malattie agli animali acquatici di acquacoltura e selvatici presenti nella stessa zona di interesse.

Normativa sul benessere animale

L’Unione Europea riconosce che gli animali sono esseri viventi meritevoli di protezione. La normativa comunitaria stabilisce requisiti minimi volti a preservare gli animali da qualsiasi sofferenza inutile durante tre fasi principali: l’allevamento, il trasporto e l’abbattimento.

Protezione degli animali negli allevamenti

Con la Direttiva 98/58/CE del Consiglio del 20 luglio 1998 l’Unione Europea stabilisce norme minime riguardo alla protezione degli animali negli allevamenti. Tutti gli Stati Membri hanno ratificato la presente convenzione i cui principi riguardano il ricovero, l’alimentazione e le cure adeguate alle loro esigenze. La presente direttiva si applica agli animali (inclusi i pesci, i rettili e gli anfibi) allevati per i differenti scopi. Essa non si applica agli esemplari selvatici, agli animali destinati ad attività culturali ed agli animali da sperimentazione o da laboratorio e agli invertebrati.

Benessere animale durante il trasporto

Con il Regolamento (CE) n. 1/2005 del Consiglio, del 22 dicembre 2004 l’Unione Europea opera una rifusione delle normative relative al benessere animale durante le varie fasi del trasporto e le operazioni correlate. La normativa individua tutti gli operatori e le loro responsabilità, rafforza le misure di sorveglianza e prevede norme restrittive per quanto riguarda il trasporto su lunghi percorsi e i veicoli impiegati. Vengono modificate inoltre le precedenti Direttive 64/432/CEE e 93/119/CE e il Regolamento (CE) n. 1255/97. È una normativa “verticale” che estende la responsabilità a tutti i soggetti che intervengono nel processo, comprese le operazioni che precedono e seguono il trasporto. Sono interessati i trasportatori, gli organizzatori nonché i possessori di animali trasportati. Tutti i vari soggetti devono ricevere un’adeguata formazione, in particolare gli autisti devono essere in possesso di un certificato di idoneità rilasciato a seguito di un periodo di formazione sul benessere animale sancito dal superamento di un esame da parte di un organismo indipendente abilitato dalle autorità competenti. Anche se risulta chiaro che il presente Regolamento è stato principalmente destinato per gli animali da reddito, viene generalmente applicato per tutti gli animali inclusi i pesci ornamentali (Ploeg, 2007). Il Regolamento (CE) 1/2005 fa una sostanziale distinzione tra tre differenti regimi di trasporto dipendenti dalle distanze in km e dal tempo impiegato.

Per spedizioni inferiori ai 65 km non sono necessarie autorizzazioni per i trasportatori, ma soltanto documenti attestanti la specie trasportata, la destinazione ed il tempo stimato di consegna. Per tutti i percorsi superiori a 65 km, i trasportatori devono ottenere un’autorizzazione rilasciata dall’autorità competente dello Stato Membro. Le suddette autorizzazioni hanno validità quinquennale, presentano un formato europeo autorizzato e sono registrate in una base di dati elettronica accessibile alle autorità di tutti gli Stati Membri. Nel caso di lunghi viaggi tra più stati, i trasportatori devono inoltre essere muniti di un giornale di viaggio stabilito dall’organizzazione del trasporto secondo un modello armonizzato che comprende varie informazioni sul viaggio (identificazione degli animali e delle persone che se ne occupano, luoghi di partenza e di destinazione, controllo effettuato nei vari momenti del trasporto). Durante i controlli l’autorità competente deve verificare, oltre alle informazioni riportate nel giornale di viaggio, la validità delle autorizzazioni, i certificati di omologazioni e di idoneità. I veterinari ufficiali devono, inoltre, controllare anche lo stato degli animali e la loro idoneità a proseguire il viaggio. Il regolamento introduce norme più restrittive applicabili al trasporto su percorsi di durata superiori alle otto ore. Il presente regolamento, infine, abroga e sostituisce le precedenti Direttive 91/628/CEE con effetto dal 5 gennaio 2007.

La CITES (Convenzione sul Commercio Internazionale di Specie in Pericolo)

La Convenzione di Washington (identificata con l’acronimo CITES, Convention on International Trade of Endangered Species) regolamenta il commercio in termini di esportazione, riesportazione, importazione, transito, trasbordo e detenzione a qualunque scopo, di talune specie di animali e piante minacciate di estinzione. La Convenzione è entrata in vigore nel 1975 e vi aderiscono attualmente 169 Paesi (Parties). Il segretariato CITES è amministrato dallo UNEP – United Nations Environment Programme con sede a Ginevra. La CITES regola il commercio internazionale di circa 30.000 specie, cui approssimatamente 25.000 sono piante. Queste specie sono riportate in 3 appendici. Ogni Paese ha una Autorità di Gestione (Management Authority). Dal 1 gennaio 1984 la Comunità Europea ha recepito la normativa CITES con regolamenti che, per alcune specie, sono più restrittivi di quella CITES. Al Regolamento (CE) 338/1997 (protezione della specie di flora e fauna selvatiche attraverso il controllo del loro commercio) sono seguiti negli anni altri atti normativi e significative modifiche atte a definire sempre più nel dettaglio le specie da proteggere, attraverso la loro classificazione in allegati diversi.

I regolamenti comunitari attualmente in vigore sono:
– Regolamento (CE) 338/1997;
– Regolamento (CE) 318/2008 della Commissione (allegati del Regolamento 338/97 che       contengono gli elenchi delle specie flora e fauna selvatiche sottoposte a protezione);
– Regolamento (CE) 865/2006 della Commissione – recante le modalità di applicazione del     Regolamento (CE) 338/97 del Consiglio;
– Regolamento (CE) 100/2008 della Commissione (che modifica ed integra il Regolamento   865/2006);
– Regolamento (CE) 811/2008 della Commissione (che sospende l’introduzione nella Comunità   di esemplari di talune specie di fauna e flora selvatiche e abroga il Regolamento 1037/2007   della  Commissione).

La normativa italiana di riferimento risulta essere:
– Legge 150 del 7/2/1992 (disciplina dei reati relativi all’applicazione in Italia della   Convenzione  sul Commercio internazionale delle specie in via di estinzione) modificata dalla   Legge 59 del 1993, Legge n. 426 del 1998 e dal Decreto Legislativo n. 275/2001;
– Decreti del Ministero dell’Ambiente del 19/4/1996 e del 26/4/ 2001 che comprendono l’elenco   delle specie (animali vivi pericolosi) la cui introduzione sul territorio nazionale è vietata.

In Italia, il rispetto della complessa legislazione comunitaria formatasi intorno alla Convenzione è demandata a più amministrazioni: Ministero dell’Ambiente, Ministero delle Politiche, Agricole, Alimentari e Forestali che, con il servizio CITES del Corpo Forestale dello Stato, cura la gestione prettamente amministrativa ai fini del rilascio delle certificazioni (servizi certificazioni CITES SCC) nonché il controllo merceologico attraverso nuclei operativi (NOC) presenti sul territorio nazionale, in stretto coordinamento con gli uffici doganali abilitati.

Le specie protette

Gli elenchi delle specie protette dalla Convenzione “sotto CITES” (formalmente chiamate Speciment) sono periodicamente aggiornate (trattasi di liste dinamiche).
Le varie specie sono messe in tre appendici a seconda del grado di protezione di cui esse necessitano:
* Appendix I: include specie protette in senso stretto, che sono in via di estinzione. Il commercio è proibito, l’uso può essere concesso in circostanze eccezionali;
* Appendix II: include specie protette, non in pericolo imminente di estinzione, trattasi di specie soggette a controllo (il loro commercio deve essere compatibile con la loro sopravvivenza ed è soggetto ad autorizzazione tramite certificato CITES);
* Appendix III: include specie protette da parte di singoli Paesi Membri (tipicamente per stati che cercano di proteggere particolari specie endemiche)

Le varie specie possono essere aggiunte o tolte dalle Appendici I e II o spostate tra di esse soltanto dopo decisioni prese collegialmente tramite conferenze dei Paesi aderenti alle convenzioni (Parties) attraverso delle procedure di proposta. Di contro, le specie in Appendice III possono essere messe o tolte dalla lista soltanto tramite decisioni unilaterali del Paese interessato.

Appendix I – Specimens
Il permesso di importare tramite l’autorità dello stato interessato è richiesto. Questo viene emesso soltanto se la specie in questione non è scambiata a fini commerciali ma con propositi di salvaguardia della specie. Lo stesso dicasi per richiesta di re-export. Il permesso viene concesso soltanto se l’animale è stato ottenuto in maniera legale. In caso trattasi di animali vivi o piante devono essere resi minimi gli effetti del trasporto dal punto di vista dello stress.

Appendix II – Specimens
È richiesto il certificato per esportare o riesportare emesso dalla Autorità dello stato interessato. Il certificato può essere emesso soltanto se la specie in questione è stata attenta in modo legale, tramite canali riconosciuti e la sua commercializzazione non può mettere in pericolo la sopravvivenza della specie. Il certificato di riesportazione può essere emesso soltanto se la specie era stata importata in ottemperanza alle norme stabilite dalla convenzione. In caso di animali vivi o piante le eventuali spedizioni devono essere organizzate in modo da limitare i rischi per la sopravvivenza e tenendo conto del benessere.

Appendix III – Specimens
In caso di commercio da uno stato che ha incluso specie animali o vegetali nell’Appendix III, è richiesto il permesso emesso dall’Autorità dello stato interessato. Può essere emesso soltanto se le specie sono ottenute tramite canali legali ed autorizzati e sempre cercando di minimizzare i rischi di lesioni o di danneggiamento durante le varie fasi della spedizione. Le eccezioni di cui ai sopra descritti articoli possono essere riassunte come segue: per specie in transito e spedite in trashipping; per specie che sono state acquisite prima di entrare a far parte delle liste CITES; per specie che hanno parte di collezioni personali; per animali che sono stati riprodotti in cattività; per piante che sono state propagate con tecniche artificiali; per organismi destinati sa ricerca scientifica; per animali utilizzati nei circhi.

Circa 5.000 specie di animali e 2.800 specie di piante sono protetti dal CITES contro il loro sfruttamento e il loro commercio. Le varie specie come già visto sono raggruppate nelle Appendici; queste includono gruppi tassonomici quali i primati, cetacei, tartarughe marine, pappagalli, coralli, orchidee. Ma in certi casi anche sottospecie o specie geograficamente separate di una determinata specie (per esempio la popolazione di una determinata specie soltanto in un paese). Relativamente ai pesci abbiamo circa 15 specie (Speciment) descritte all’Appendix I e 71 specie nell’Appendix II. Di queste quelle di interesse ornamentale risultano essere lo Scleropages formosusinserito nell’Appendix I, le diverse specie di Hippocampus spp (Appendix II). Tra gli invertebrati sempre di interesse ornamentale abbiamo molluschi e bivalvi quali le Tridacne (Tridacnidae, Giant Clams), coralli dal guscio calcareo quali le Sclerattinie (Stony Corals), le Heliopore(Blue Corals), gli Stoloniferi-Tubiporidae (Organ-pipe Corals) tutte nell’Appendix II. Dal punto di vista pratico in ottemperanza al Regolamento (CE) 338/1997 il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, nella figura del servizio CITES del Corpo Forestale dello Stato, obbliga gli importatori, nel caso che si tratti di specie rientranti nella regolamentazione CITES, alla richiesta di una particolare licenza ricevuta la domanda per l’importazione o esportazione di esemplari CITES. La medesima sarà sottoposta al parere obbligatorio della commissione scientifica CITES e, a seguito di parere positivo, l’ufficio può procedere al rilascio della licenza entro 30 giorni dal completamento della pratica (le licenze di importazione ed esportazione devono essere richieste prima dell’arrivo in dogana degli esemplari sotto CITES, in mancanza di licenza, questi possono essere confiscati e far incorrere in sanzioni).

Le richieste di licenza devono essere effettuate su appositi moduli ed essere inviati anche via fax, allegando i documenti di riconoscimento del richiedente (o del legale rappresentante). Una volta compilati i moduli, agli stessi dovrà essere allegata la copia della licenza certificata CITES emessa dal paese da cui si vuole importare. Nella compilazione dei moduli si raccomanda di indicare con esattezza il nome scientifico in latino e comune dell’esemplare che interessa. Alcune specie di fauna, anche se compresa negli allegati del regolamento europeo non possono venire introdotte in territorio nazionale. Una volta sdoganati gli esemplari CITES, le ditte importatrici sono tenute alla compilazione del “Registro di detenzione di esemplari vivi o morti” di specie animali incluse nell’allegato A del Reg.(CE) 338/97 del consiglio del 9 dicembre 1996 e successive modificazioni. Il presente registro, oltre che essere vidimato (a seguito della richiesta di licenza per l’importazione) da parte del Corpo Forestale dello Stato, deve essere intestato alla ditta richiedente e numerato indicando l’anno di emissione. Le pagine devono essere in progressione. È formato da due sezioni contrapposte: nella tabella carico vengono indicati gli esemplari presenti presso la ditta e quelli in entrata, mentre nella tabella scarico vengono indicati gli esemplari in uscita. Ogni operazione viene indicata con un numero progressivo e con la data di carico o scarico a seconda del tipo di movimento Questo tipo di operazione occupa una riga nel senso della sua lunghezza impegnando quindi anche lo spazio della stessa riga nella sezione contrapposta.

Altre caratteristiche tra le più importanti sono l’indicazione obbligatoria sia del nome scientifico che di quello comune (come riportato negli allegati del Regolamento CE 338/97) il tipo di acquisizione (acquisto, affidamento), la fonte, cioè l’origine dell’animale in oggetto (es. W = esemplari prelevati in natura, oppure U = origine sconosciuta), il documento CITES, dove vengono riportati gli estremi riferiti agli esemplari (numero, data, paese di rilascio), infine la quantità di animali o piante scambiati.

Fonti:
Ministero salute
Ministero ambiente
WOAH
SardegnaAgricoltura